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mercoledì 28 novembre 2007

MYNTHOST

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Tiresia = Tiresia si chiamava così perchè se tirava pugnett' r' a matin' a sera, tanto è vero che ben presto diventò cecato. Alcuni studi tuttavia avrebbero ricondotto il nome Tiresia al fatto che l' indovino tirava i piedi e faceva murì a ggent'. Altre fonti ancora discordano sul motivo della sua cecità e sostengono che una volta andò a spiare Venere che si stava facendo il bagno dentro al Fusaro, finchè questa bello e buono se ne accorse e, con tutto che era la dea della bellezza, prese la scarpa col tacco da 12 e gli cecò tutti e due gli occhi. Allora la madre di Tiresia, che era una vecchia bizzoca dell' antica grecia, si mise nelle orecchie di Zeus per far tornare la vista al figlio, che il cognato gli aveva promesso il posto di fatica buono ed era un peccato a perderlo, che l'inps ancora non l'avevano inventata, che la pensione manco la poteva prendere etc andando perfino a la Bios in diretta da Michele Cucuzza, che disse che certa gente veramente non teneva cuore a far piangere una anziana madre per televisione e intanto si mangiava un supplì. Allora Zeus, per togliersela davanti diede a Tiresia la capacità di vedere il futuro, il passato, il participio e mediaset premium senza abbonamento comprese le coppe e i film spuorchi, nonchè di vivere per sette generazioni e diventare un vecchio cacacazzo di quelli che si mettono dentro al pullman a parlare di Bassolino per passare la giornata. Quando si sparse la voce a Tebe, tutti i peggio fetienti tebani, che non avevano capito un cazzo di come funzionava la cosa, andarono senza scuorno a bussare a tutte le ore a casa di Tiresia perchè si volevano vedere pure loro le partite e i film spuorchi o per farsi fare la schedina ed il superenalotto. Allora Tiresia esclamò : "Chi cazz' m'ha cecato", si travestì da femmeniello e se ne scappò sul monte Faito. Durante la fuga incontrò degli schiavi dorici un poco franchi di cerimonie che, solo per il fatto che lo avevano visto vestito da femmina e senza manco vedere che sotto ai panni ci stava nu viecchio cecato e con la uallera che gli usciva da dentro al perizoma, se lo chiavarono per sei giorni e sei notti, riprendendo la scena col videofonino mentre Tiresia ca nun verev 'nu cazz alluccava : "Chi site? Che vulit a nu poveru viecchio comm' a mme?", finchè non vennero le guardie ad interrompere quello sperpetuo e si portarono a tutti quanti, dicendo che uno schifo così non si era mai visto dal giorno in cui erano state inventate le maleparole. Il giudice quando vide a Tiresia vestito da femmina che scorreva sangue e merda, lo scambiò per un travestito brasiliano senza permesso di soggiorno e lo condannò per direttissima a 20 anni di lavori forzati, ma poi il vecchio indovino predisse al maresciallo che in quel preciso momento la moglie si stava tenendo a uno che lavorava dentro al bingo ed uscì con la condizionale. L' indovino riprese il suo cammino e cominciò senza motivo a dare i tormenti alle lucertole che chiavavano, uccidendo una volta il maschio, una volta la femmina, una volta i figli etc. finchè non si sfastereò Giunone che gli sparò un trac in culo e lo fece alluccare tipo femmina. Giunto nei pressi della sommità del monte il giorno di pasquetta, incontrò un bambino che si sfennesiava sulla bicicletta. Tiresia gli raccomandò di non correre ed in quel preciso momento il bambino si arricettò e cadde da sopra al monte Faito. Le famiglie che avevano visto la scena mentre stavano mangiando il capretto al forno cominciarono ad alluccare che Tiresia tirava i piedi peggio di una iatta nera c' o scartiell e iniziarono a dargli la corsa e a tirargli i casatielli arravugliati nella carta argentata appresso fino alla vetta del monte. Qui il vecchio indovino arrivò sfinito e tutto sudato. Si fermò nei pressi di una fonte, bevve dell' acqua gelata, gli venne una cosa e morì. La sua anima apparve tempo dopo ad Ulisse, nel momento in cui questi pronunciò i celebri versi dell' Odissea : Uagliù luamm 'sti pazziell' a miez e jammuncenn a casa ca s'è fatt ora di delibare". Tiresia allora disse all' eroe greco che forse il ritorno ad Itaca non sarebbe stato proprio una cosa di giorno e che stavano perdendo il pullman. Nella Divina Commedia Dante lo colloca all' Inferno, nel girone di quelli che con tutto che tirano i piedi manco si levano il vizio di parlare.


"Tiresia, mentre dice a un cacciatore che la lepre che ha appena ucciso tiene lo scolo di mazzo" (Tommasino il milionario, acquarello e tempera ammiscati con la segatura per sparagnare)
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lunedì 17 settembre 2007

MYNTHOST

Achille = Achille era il più invincibile dei soldati dell' antica Grecia. Era figlio di Pelè e di Chinaglia, che si conobbero quando giocavano in America nel Cosmos. Da bambino, mentre giocava a pallone con Ulisse, Aiace Telamonio e Rafele 'o biondo, andò a finire dentro al mitologico fiume Sarno e fu salvato da Don Licomede, famoso condottiero della Tracia inferiore, che lo afferrò per il piede destro. Una vecchia indovina di nome Calliope 'a zengara che assistì all' intera scena disse le profetiche parole : Si nunn ha ittat 'o sang mò, 'stu uaglion nun more cchiù" ed infatti le fetenzie che stavano dentro al fiume resero Achille più forte di un semidio e più invincibile di un contrabbandiere di sigarette, solo che oltre alla forza sovrumana gli erano usciti peli dappertutto e ben presto gli amici cominciarono a sfotterlo Pelide Achille. Non accusava il dolore manc si 'o 'ccerevano, pure quando i compagni di scuola gli davano gli scozzettoni fortissimi da dietro con la rincorsa. All'età di 18 anni, considerando che faceva ancora la seconda elementare e che aveva ucciso a mazzate due maestri e cinque bidelli che si volevano prendere la questione su chi era più forte tra Arturo Di Napoli e Stefano Borgonovo, il padre lo fece arruolare nell' esercito, dove cominciò ad appiccicarsi con tutti quanti pure quando non ce n'era motivo. Vinse così battaglie su battaglie e divenne sottufficiale dell'aeronautica militare. Sotto le armi conobbe Patroclo, giovane bello e figlio di aristocratici che se lo faceva chiavare in culo da cani e puorci pure non graduati, e se ne innamorò. Si intalliò talmente che se lo voleva sposare che, per spiegargli che ancora dovevano inventare Zapatero ed i matrimoni gay, stavano per perdere la guerra. Un bel giorno Ettore, il principe dei troiani, dai modi aristocratici e raffinati, si scordò che era principe e chiavò un pacchero da sopra al motorino in faccia a Patroclo, urlando : "Ricchiò, miett't scuorn!!!!" e gli fece uscire il sangue dai denti. Stava per accadere il più grande appiccico della storia della mitologia greca e non. Patroclo si mise a piangere per il dolore e lo scuorno per l' affronto subito davanti all' altare sacro di Apollo scapucchiante e subito corse da Achille. Questi, accecato dall'ira, prima uccise Ettore tirandoci un immane dardo dietro alla noce del collo, poi lo attaccò alla vespa 125 e se lo portò strascinando per tutto il campo dei troiani, davanti alla moglie, il figlio Astianatte (che per lo shock prima divenne muto poi, approfittando del momento di celebrità, si iscrisse alla prima edizione dello Zecchino d' oro, classificandosi settimo con la canzone Papà rossonero, e divenne ospite fisso della trasmissione La bìos in diretta) ed il padre Priamo che si mise a piangere a sua volta e a dire che queste schifezze non le aveva mai viste di fare nemmeno in guerra. Ebbe un feroce alterco con il re Agamennone, che si era mangiato il panino col prosciutto crudo ed il provolone piccante che si era portato Achille da casa, e per questo non voleva combattere più, lasciando l'esercito greco in balia del nemico. Poi si guardò nello specchio, vide che stava facendo 'na maronn e panza e che in fondo pure si sfasteriava e si gettò un' altra volta a capofitto e a cap'e cazzo nella battaglia. Solo che, poichè era il giorno di Ferragosto e faceva 'nu maronn 'e caldo, Achille aveva pensato di scendere in battaglia con i sandali aperti e, non vedendo una cacata di daino greco per terra, ci andò a finire col piede destro sopra, prese una malattia che gli faceva uscire il sangue dal naso e morì anche lui. Alla sua morte lasciò Patroclo incinto di un bambino che fu chiamato Neottolemo, giusto per lo sfizio di farlo sfottere una volta raggiunta l' età scolara, e che un giorno senza motivo andò a Troia e menò Astianatte dal quinto piano di un palazzo senza ascensore, mentre la vedova di Ettore, la principessa Andromaca, urlava : "Ma nunn abbastav' chillu ricchion 'e pat't? Mò pure tu vien a scassà 'o cazz? Ma allora ce l'avit proprio c'a famiglia nostra? " e fece correre i carabinieri e la signora del piano di sopra che lasciò il ragù sul fuoco, come ci tramanda Omero.


Achille mentre uccide una lacerta, bassorilievo (Miliscola, Lido Guerra 'e Troia).

sabato 16 giugno 2007

MYNTHOST

Parte sulle pagine di questo blog un approfondimento sui miti e sulle divinità greche, a cura di Gianmaria Sarnataro, iscritto al secondo anno di liceo classico, ma che ha già la macchina 50 ed inoltre è figlio di uno buono dentro Alleanza Nazionale.

ARTEMIDE = Artemide deve il suo nome al fatto che da piccola non si stava mai ferma (dal gr. artètekos) e ciò fece capire da subito che era una divinità molto 'nsista.Era figlia di Giove e di 7-8 madri diverse, secondo un fenomeno che nemmeno gli scienziati non sono riusciti ancora a spiegare ma che era molto comune nella Grecia antica.A soli 13 anni diventò così insopportabile e metteva lo stereo con le canzoni dei Pooh e dei Dik Dik così forte che Giove e 3 delle sue madri la cacciarono di casa.La selva divenne il suo regno e così cominciò a dare i tormenti a cani, gatti, cunigli paesani etc. finchè non acchiappò a un leone che le diede la corsa fino al Monte Olimpo, dove si persero le sue tracce.


Artemide raffigurata mentre strascina un cane per la recchia e si mantiene il portapastelli dell' invicta (Museo del Louvre, Parigi)